Il Roma Fringe Festival è alla sua seconda settimana di residenza negli spazi della Pelanda e il cartellone continua a vedere in scena artisti e nuove drammaturgie: il 15, il 17 e il 18 è stata la volta di Mariagrazia Torbidoni con il suo “Waiting for Macbeth”
Di rivisitazioni elisabettiane ne abbiamo viste tante e i personaggi del grande bardo sono dei pozzi senza fine di umanità. Ed è proprio dalle profondità di un soggetto complesso come Lady Macbeth che la Torbidoni attinge per il suo spettacolo “Waiting for Macbèth”, monologo per donna tragicamente sola in perenne attesa del marito, attaccata al telefono come gli tutti gli attori disoccupati.
La nuova Lady è una donna sui toni pastello con il caschetto biondo platino e il vestito rosa shocking che sembra una tovaglia da cucina. Il suo castello è un metro quadrato di pedana che la separa dal resto del mondo. Le sue giornate sono piene, piene di assenza.
Con devozione certosina al risveglio recita i suoi salmi personali rivolgendosi agli spiriti delle tenebre, e poi il suo sguardo punta indirettamente verso il telefono che è il suo unico compagno.
Mariagrazia dimostra che la sindrome della vibrazione fantasma non è solo prerogativa degli smartphone, e più e più volte risponde a una cornetta che rimane tristemente muta; d’altronde che la signora di Cawdor soffra di allucinazioni non è cosa nuova per nessuno.
Tra suggestioni beckettiane si scolpisce un personaggio a metà tra il cabaret e il teatro dell’assurdo, e in effetti la condizione di questa figura colorata e ironica è tragicamente seria. Questa donna, che appare vulnerabile e indifesa nella sua solitudine, è molto lontana dall’immaginario dark della regina spietata e manipolatrice. Unica impennata di ferocia è l’accanimento con cui la donna si sfoga sulle patatine, con una voracità che lega la dimensione materiale del cibo alla sete di potere che cova nel cuore dell’usurpatrice di Duncan.
Quella dell’attesa è una dimensione estenuante, un montare di tensione che desidera un rilascio che, in questo caso, non riesce ad avvenire: gli sposi non riescono a ricongiungersi; anzi l’attesa porta a un progressivo decadimento delle apparenze, a una stanchezza delle membra e della mente, che riporta alla luce la fragilità della donna, che era stata seppellita insieme a un ricordo dimenticato, forse dell’infanzia; un episodio che l’interprete aggiunge al materiale shakespeariano, come se portasse alla luce una parte di abito che Shakespeare non ha mai mostrato.
A fronte di un risultato che non brilla per eccezionalità o profondità, la pièce riesce nell’intento di offrire una visione alternativa di un personaggio, che spesso finisce per risultare stereotipato, peccato che lo faccia attingendo a un repertorio che, a sua volta, è diventato canone e manierismo.
Maria Costanza Dolce
Roma Fringe Festival 2019
15, 17 e 18 gennaio
Waiting for Macbeth
di e con Mariagrazia Torbidoni
regia Mariagrazia Torbidoni e Andrea Onori